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Il calcio non è semplicemente lo sport più seguito al mondo. E’ molto di più. E’ un vero e proprio fenomeno di massa, che interessa centinaia di milioni di appassionati, dai villaggi più poveri dell’Africa fino ai quartieri più esclusivi di Londra o Parigi. E’ un fenomeno sociale, che trasforma le persone ed a volte le rende quasi irriconoscibili, quando si parla loro di tifo. E poi, che piaccia o no, è diventato oramai un incredibile fenomeno economico, il quale movimenta miliardi di euro, dollari o sterline, dai diritti televisivi al merchandising, dalla pubblicità agli incassi degli eventi sportivi, che consentono di pagare ingaggi milionari, ma offrono anche lavoro ad addetti, commercianti e tanti altri operatori economici che, più o meno direttamente, vivono di calcio.

Il calcio è, quindi, un fenomeno che coinvolge l’intera società, in modo trasversale, condizionando la vita di
tutti noi. Per questo motivo, anche quest’anno la Fondazione Bizzarri ha deciso di interessarsene,
occupandosi di quelle che dovrebbero essere le “fondamenta” del calcio stesso (e dello sport in generale):
la diffusione della cultura sportiva, che è prima di tutto rispetto dell’avversario, delle regole del gioco e di
quelle comportamentali, delle decisioni degli allenatori e dei direttori di gara e, come diretta e naturale
conseguenza, la gestione del calcio giovanile, da parte dei dirigenti e dei tecnici, in primis, ma anche (e,
forse, soprattutto) dei genitori e dell’ambiente scolastico, che interagiscono fortemente con i giovani
calciatori, nel bene e nel male, influenzandone l’approccio, le aspettative ed i risultati.

E poiché nella vita c’è sempre da imparare, anche ai massimi livelli professionistici, volgendo l’attenzione a quanto di meglio possano offrire al calcio gli altri sport, in particolare il rugby, dove l’organizzazione, la disciplina tecnica e lo
spirito di squadra costituiscono valori indispensabili, trasmessi ai giovani praticanti fin dalla più tenera età. Il “termometro” dello stato di salute del movimento calcistico italiano viene comunemente identificato con la Nazionale maggiore: negli ultimi mesi, tutti in Italia, dai più qualificati commentatori sportivi all’ultimo dei frequentatori del Bar dello Sport, si sono interrogati sui motivi del fallimento della squadra nazionale in occasione delle qualificazioni ai Mondiali di Russia, addebitando responsabilità a destra e a manca: alla inadeguata competenza dei dirigenti e del Commissario Tecnico, alle qualità non eccelse dei calciatori (“in Italia giocano troppi stranieri ed i giovani non hanno la possibilità di affermarsi!”), alla sfortuna e…. chi più ne ha, più ne metta! Probabilmente, un fondo di verità c’è in tutto questo, ma noi abbiamo la convinzione che i veri motivi risiedano altrove e sia giunto il momento di andare più in profondità, ripartendo dai princìpi basilari del calcio, parlando di cultura sportiva e di organizzazione del settore giovanile e scolastico.